domenica 15 maggio 2011

alla mia età

ecco. io, alla mia età, sono di quelli che piange la notte. soprattutto il 13 maggio. dopo 34 anni mi fa ancora male e mi sconvolge la morte di mio padre. per quello che non ha potuto sapere di me, ne io di lui. per la famiglia che avremmo potuto essere. per la donna che non sono e non so se è per questo oppure no. mi manca, e per una volta provo un sentimento che non è ne complicato ne difficile da capire. è un sollievo. e mi illumina.

martedì 10 maggio 2011

please leave a reply

non è che negli ultimi mesi non abbia mai aperto il pc. lo faccio tutti i giorni, confesso. sono una lurker. il bello è che ho dovulto cercare su google per scoprire cosa significava. che poi non è mica giusto, io non sbircio. io leggo, tutto da cima a fondo. post e commenti e link e ff e tutta quella roba lì. in più di otto mesi ho lasciato traccia di me solo due volte. perchè le cose che mi viene in mente di dire mi pare che le dicano sempre meglio gli altri. e poi come si fa? a intromettersi nelle chiacchiere di un gruppo di persone che si conoscono e son un po' lì come lupi a vedere che dice il rookie di turno? no, non ce la posso fare. vorrei. ma sono timida. mi imbarazzo subito, sto in ansia per vedere se qualcuno mi ha notato, giudicato, valutato, considerato. e quando finalmente mi rendo conto che non è successo niente.  mi deprimo.
altro che bipo. superpsyco.


e intanto continuo a non capire come commentare i miei commenti che restano inesorabilmente anonimi. cheppalle.

figli di papà

odio. dato dall'invidia, è evidente, ma non posso farci niente e soprattutto, almeno sul mio cazzo di blogghino, mi voglio proprio permettere di dirlo chiaro e tondo: odio i figli di papà.
e non li odio mica perchè sono anticpatici. anzi. probabilmente odio di più quelli simpatici, quelli aperti, sicuri di se, quelli che vanno nel mondo e fanno, quelli che fingono di non avere paura e sono credibili, che cadono sempre in piedi, hanno la risposta migliore, i denti bianchi, la camicia stirata e il pranzo in famiglia la domenica. li odio perchè stanno sempre col culo al caldo, seduti comodamente dalla parte della ragione e - francamente - io mi sarei un po' rotta i coglioni di stare dall'altra parte. perchè in qualche rarissimo caso potranno anche esserselo meritati quel bel posto di lavoro, lo stipendio a sei zeri, e il lusso di risponderti con sufficienza anche se ti vedono in difficoltà.  ma il più delle volte non se lo sono meritati per niente, è solo culo. culo che papà c'era, culo che papà c'è. che ti ha spiegato come fare, cosa dire, quando muoverti. ti ha insegnato a giocare a risico, ad andare in bicicletta, è venuto a vedere la partita di pallone e quando hai perso ti ha detto che eri bravo lo stesso e l'arbitro è un cornuto. ti è venuto a prendere a scuola col macchinone e le ragazze a sbavare, quasi più di quando il macchinone te l'ha lasciato usare da solo e sei andato ganzo al bar a far vedere che fico che sei con il tuo macchinone nuovo. ma non era il tuo. era del tuo papà.

e comunque mi stanno sul cazzo anche quegli altri, di figli di papà. quelli di sinistra. quelli non puoi leggere proust per farti venir la voglia. quelli della sessualità consapevole. degli abbracci caldi e silenziosi ma non dirlo alla mamma la prima sera che hai sedici anni e torni alle tre che puzzi di birra scadente e maria e sei tutto eccitato per il primo concerto grunge. quelli che non si intromettono ma ci sono quando hai bisogno e non devi neanche dire grazie papà ma proprio te lo strappano con le pinze che hai il papà migliore del mondo.

lo so che li odiate anche voi. perchè i figli di papà, da qualunque parte stiano, non sono mai soli. sono attraenti, come le cazzo di calamite. perchè tutti quelli che non sono figli di papà vorrebbero esserlo almeno una volta nella vita e sapere l'effetto che fa e vivere, anche se di riflesso, quell'aura di pace e fighissima felicità. e invece no. perchè è una di quelle dannate cose della vita che se non ce l'hai non ce l'hai e basta.

sabato 7 maggio 2011

white elephant

inutile negarlo, e tuttavia così fan tutti. c'è un enorme elefantone bianco piazzato nel bel mezzo della mia vita. e a quanto pare non lo vede nessuno a parte me. eppure cresce a vista d'occhio, ogni giorno si allarga, si alza, diventa più pesante, ingombrante e bianco, di un bianco abbagliante. e ho paura all'idea che un giorno non lontano si prenda tutto lo spazio, tutta l'aria, mi spiaccichi sotto il suo culone bianco da elefante e amen.
per la verità anch'io cerco di non vederlo. provo a voltargli le spalle, a chiudere gli occhi, a distrarmi guardando il cielo e le stelle. ma ovviamente non funziona perchè anche con gli occhi chiusi si sente. fa un rumore assordante quando si muove, tutto trema, rompe e fracassa qualunque cosa entri nel suo raggio d'azione che si espande insieme a lui. e puzza. puzza di grosso elefante sudato in uno spazio troppo stretto. l'odore si sente a miglia di distanza. si sente dall'argentina, dalla terra del fuoco, da parigi e berlino. si sente persino nella bassa bresciana, ma lì si mischia con l'odore di porcilaie e letame e tutti sono assuefatti, non posso certo pretendere che se ne accorgano proprio loro.

ogni tanto lo guardo in faccia. cerco di farlo il meno possibile, perchè ovviamente non mi piace quello che vedo. quegli occhi bovini e umidi e grandi sparati sul mondo fuori dal mio. e poi è così grande e ingombrante che non riesco a metterlo a fuoco, è sempre troppo vicino.

ma se poi alla fine qualcuno lo vedesse? cosa accadrebbe se un giorno qualcuno venisse da me e mi dicesse "hei, ma lo sai che c'è un enorme elefante bianco che ti sta squattando la vita?!" cosa accadrebbe?

mi piace crogiolarmi nella fantasia che l'elefantone scomparirebbe all'istante con un puff, come nei cartoni della wb, e tutto il nero intorno non sembrerebbe più così nero, senza quel bianco abbagliante che lo contrasta come in una foto di helmut newton.

e tutto quello che mi viene in mente è una cazzo di canzone della pausini di cui ricordo solo il titolo e che quando avevo 16 anni mi faceva cagare. mi sa che è lì che ho sbagliato. mi fosse piaciuta la pausini forse non sarei qui ora, sola solo con la solitudine.